Caro Direttore,
qualche giorno fa ho letto su Repubblica.it un articolo a dir poco “sconcertante” specie se riferito ai tempi che corrono, dal titolo:
La metà del cibo prodotto nel mondo non viene consumato e finisce in spazzatura
Il rapporto della britannica Institution of mechanical engineers (Ime): due miliardi di tonnellate di alimenti vengono distrutti; tra il 30 e il 50 % spesso senza neanche arrivare nei piatti dei consumatori.
Certo, non è la prima volta che si leggono cose del genere ma non le pare che sia l’ora che produttori e distributori diano più concretezza alle loro attività di marketing per contrastare questo fenomeno?
Una riflessione:
Da molto tempo quando, durante i miei seminari, faccio una breve analisi dei fenomeni socio economici che, secondo me, influiscono maggiormente sulle scelte dei clienti nel mass market alimentare, ne cito sempre almeno due: l’invecchiamento della popolazione (soprattutto nei centri storici) e la riduzione dei nuclei famigliari (almeno nelle città capoluogo). Non bisogna essere dei grandi esperti di marketing per capire che questi trend, se continui nel tempo, influiscono fortemente sulle possibilità di consumo dei prodotti alimentari nelle nostre case. Si possono anche aggiungere altri indicatori non meno importanti come la ormai avvenuta destrutturazione dei pasti, la continua diminuzione della percentuale del reddito delle famiglie dedicata (dedicabile?) all’alimentazione, e altri più recenti come l’attenzione al valore medio del carrello, la crisi della quarta settimana etc..
Se tutto ciò è rilevante, perché produzione e distribuzione alimentare non si adeguano rapidamente?
Qualche esempio (molto) negativo:
La quarta gamma: le dimensioni di gran parte delle confezioni sono cosi da oltre vent’anni. Una volta aperte si deteriorano in un giorno; forse ancora “mangiabili” ma senza la “freschezza” ne la funzione d’uso per la quale sono state acquistate. Il rischio “spazzatura” è molto elevato e diminuirebbe se ogni confezione contenesse due porzioni di pari peso confezionate separatamente. Le bottiglie di vino: quella da 0,75 cl domina la categoria da sempre. Qualcuno pensa che due persone a pranzo possano consumare “normalmente” una intera bottiglia? Qualcuno è in grado di descrivermi la “qualità” di una bottiglia stappata il giorno prima e conservata in frigo? Da anni nei ristoranti si ordina ormai la “mezza” (qualche volta anche un “calice”) che potrebbe incominciare ad apparire sugli scaffali (specie nei super di prossimità). Recentemente una nota azienda vinicola ha cominciato a produrre il litro e il mezzo litro abolendo lo 0.75.Mi auguro che i buyer stiano premiando iniziative simili.
Qualche esempio (abbastanza) virtuoso:
Ho visto sul murale formaggi molte confezioni “mignon” dei maggiori produttori e della Marca Insegna di alcune catene. Forse qualcuno si è accorto che un buon consumatore di formaggi (come me) ama assaggiarne una piccola quantità di tre o quattro tipi e non una grande quantità di un unico tipo. Ieri sera in TV una nota azienda di fette biscottate reclamizzava la sua confezione contenente quattro fette; tanto basta per una buona colazione in due senza rischio “bidone”.
Infine, un consiglio per i produttori;
“Downsize” ma senza eccessive “forzature” sul listino dei prezzi per kg/lt ; se ne vanificherebbe la convenienza all’acquisto.
……e uno per i distributori:
dopo aver cercato di vendere linee di prodotti “Scelti”, “Dal sapore italiano”, di strani “Viaggiatori golosi”, oppure “gialli” o “bianchi” etc., perché non fate una linea di Marca Privata che combatta con efficacia ogni spreco per far risparmiare davvero i vostri clienti e soprattutto per il rispetto dovuto a chi il cibo non lo ha o non ne ha abbastanza? Mi riferisco in particolare a Coop che per “posizionamento” e Mission dovrebbe essere la prima a raccogliere l’invito.
Nella speranza che queste mie brevi riflessioni suscitino un ampio dibattito, ma sopratutto possano accelerare i processi produttivi nel senso indicato, la ringrazio come al solito dell’attenzione.
Roberto Masu
Bologna, 15 gennaio 2013
*Roberto Masu socio fondatore di Trade Marketing studio; società di consulenza specializzata nel marketing del commercio moderno e Black Trend, web Agency che cura e sviluppa la presenza nel web di note Aziende produttrici e Distributrici.